Giorgio Gaber, Foto di Luigi Ciminaghi/Fondazione Giorgio Gaber
Di Paolo Madeddu
Quanto era avanti Gaber – chissà cosa avrebbe detto Gaber - aveva capito tutto, Gaber. Da quando non c’è più, e sono dieci anni, sono ritornelli diffusi, che molto probabilmente avrebbero lasciato sgomento uno che teneva più a seminare dubbi che a fare il guru. Scegliere venti sue citazioni per omaggiarlo non è stato per nulla semplice, perché le sue opinioni – articolate e complesse – mutavano col tempo e si nutrivano esse stesse di perplessità.
E non solo: non sempre ci troviamo d’accordo con quello che ha detto o cantato, e ci permettiamo di ipotizzare che lui ne sarebbe sollevato. Così, quella che segue è una nostra selezione arbitraria di citazioni tratte da interviste o monologhi, con la quale vogliamo rimarcare quanto effettivamente l’artista milanese possa darci ancor oggi, specialmente nella capacità di individuare problemi e contraddizioni. Ma per un quadro ancora più completo, rimandiamo direttamente alla fonte: il libro Quando parla Gaber, a cura di Guido Harari, uscito qualche anno fa per Chiare Lettere. Oltre che, naturalmente, ai dischi di Giorgio Gaber.
01 - “Oggi, appena un’idea esce da una stanza è subito merce, roba da supermercato. La gente se la trova lì, senza fatica, e se la spalma sul pane. Come la Nutella”. (1978)
02 - “L’economia che vince su tutto è un po’ come le previsioni del tempo. Vedi sfilare cartine su cartine, isobare e anticicloni, e aspetti solo che sbuchi la carta con il sole e le nuvole per capire cosa metterti domani. Ecco, l’economia è un po’ la stessa cosa”. (2001)
03 - “Per anni abbiamo combattuto cercando di distinguere tra ciò che è falso e ciò che è vero. A questo punto accettare il falso e il vero come nostre componenti intrinseche è l’unica possibilità. Ma c’è un nuovo elemento ed è l’isterico, l’inventato, il totalmente astratto che diventa realtà importante della nostra vita quotidiana. Se una battaglia va fatta è contro l’isterico, l’elemento più pericoloso del nostro futuro”. (1986)
04 - “Fin quando i giovani si diranno: ‘Come siamo sfigati’, non succederà nulla”. (1997)
05 - “Io pensavo che i politici fossero cretini, ladri e sporcaccioni. Sbagliavo. Il loro vero vizio è l’impunità. Basterebbe poco per convincere questa classe di disgraziati ad andarsene. Si potrebbe andare davanti a Montecitorio a dirglielo”. (1993)
06 - “Oggi la gente ci chiede di scrivere i cavoli nostri dando loro un senso collettivo. In mancanza di pensieri forti, l’impegno passa attraverso le nostre emozioni e sensazioni, la possibilità per chi ci ascolta di dire: ‘Anch’io ho provato questi disagi, anch’io sono di quella razza lì”. (1992)
07 - “La mia è stata una generazione di improvvisatori. Eravamo agli inizi del boom e cominciava il protagonismo dei giovani. Un protagonismo che abbiamo gestito un po’ da stupidi”. (1987)
08 - “Pensare non serve più né per il lavoro, né per la vita, né per avere successo con le donne. Oggi se in un posto c’è un uomo serio e preparato e uno che ha partecipato a un telequiz, del primo non frega niente a nessuno, mentre il secondo ha un alone di fascino e potere e, sicuramente, maggiori possibilità di affermare il suo gene egoista. Cioè di scopare”. (1996)
09 - “Viviamo in una società adolescenziale, la gente non riesce più a diventare adulta e si compiace del proprio infantilismo. Anche i politici nel migliore dei casi sembrano eterni bambini che dicono: 'non è vero, non sono stato io, è stato lui'”. (1993)
10 - “Penso che se le strade si riempissero di gente malata, forse cambieremmo la nostra testa. Quando incontriamo qualcuno che sta male abbiamo un turbamento fuori misura, come se non sapessimo che quello è lo specchio di noi stessi”. (1998)
11 - “È indispensabile rimettere la filosofia al primo posto. Bisogna risalire molto indietro, recuperare i presocratici, le immortali intuizioni di chi leggeva tutto in chiave di movimento, ma si chiamava Eraclito, non Internet”. (1998)
12 - “L’uomo peggiora e il sistema sta diventando imbecille. Non c’è più nulla che migliori la persona, neppure la fede, perché anche due milioni e mezzo di giovani dal Papa sono un fenomeno di consumo. L’ascolto di Padre Pio o del Grande Fratello sono per me fenomeni simili e mi fanno capire che c‘è una produzione consumistica che ha perso ormai completamente di vista qualsiasi senso dell’arricchimento dell’individuo”. (2001)
13 - “Oggi chi viene a sentirci applaude tutto. Tu dici ‘Ero comunista’ e ti applaudono tutti, comunisti e non”. (1992)
14 - “Libertà è partecipazione, è un’affermazione che è stata usata politicamente a destra, a sinistra, al centro, il che significa che quando si afferma qualcosa si corre il rischio di essere usati da tutti. Poi, sul come partecipare in questo momento, non saprei. Proprio io che dico che libertà è partecipazione, e poi è dal 1976 che non vado a votare! Forse sarebbe stato più giusto dire che la libertà è la possibilità di incidere in uno spazio collettivo di cui si fa parte. Libertà è uno spazio di incidenza. Però metricamente e musicalmente avrebbe funzionato molto peggio...”. (2000)
15 - “Quasi quasi preferisco una società come quella russa, dove può succedere che un genio sia considerato un imbecille pericoloso, a una società come la nostra dove un qualsiasi imbecille pericoloso diventa un genio”. (1997)
16 - “Per avere successo è meglio essere un po’ cretini. Cretini ma popolari. Non esistono che due possibilità: o sei un cretino conosciuto, o un cretino qualsiasi”. (1997)
17 - “Appostati dietro le vetrine, gli oggetti ci sceglievano, selezionandoci in base al reddito”. (1978)
18 - “Anche le cose più angosciose e tristi vengono riportate come un vero spettacolo. Tutto in questa specie di orgia di notizie diventa piatto, uguale. Titoloni enormi, scoop, sia a livello giornalistico che televisivo, una sorta di gioco in cui si deve per forza lasciare un segno”. (1998)
19 - “Credo che la cultura sia una chiave per capire meglio quello che siamo. E che debba essere circondata di silenzio. È impossibile che su problemi di qualsiasi tipo, di qualsiasi ordine, ognuno dica la sua e valgano le opinioni di tutti. Questa grande partecipazione della gente fu incoraggiata fin dagli inizi delle radio libere quando partirono ‘a microfono aperto’. Per me il microfono deve essere chiuso, e si lascino parlare le persone che ne hanno titolo e qualità. Questo falso senso democratico mi infastidisce moltissimo”. (1997)
20 - “Non si gode mai abbastanza di quello che si è perduto”. (1985)